I reati commessi per via telematica: la Cassazione torna a pronunciarsi sul reato di pornografia minorile.
Con sentenza del 3 febbraio 2003 n.4900 la quinta sezione della Cassazione penale è tornata ad affrontare il tema della diffusione di materiale pornografico per via telematica.
Il caso di specie riguardava l’ipotesi di una comunicazione effettuata attraverso lo strumento della chat line.
Il terzo comma dell’art.600 ter del codice penale è volto alla repressione di quelle condotte compiute anche per via telematica che alimentano il mercato della distribuzione, divulgazione o pubblicizzazione di materiale contenente immagini lesive dello “sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale” dei minori.
Ma cosa si deve intendere per distribuzione, divulgazione, pubblicizzazione di materiale pedo-pornografico?
Al fine di inquadrare il concetto di divulgazione previsto dal citato comma è necessario che si verifichi comunicazione con un numero indeterminato di persone.
Le foto devono pertanto essere inserite in un sito accessibile a tutti, al di fuori di un dialogo privilegiato, ovvero devono essere inviate ad una lista di discussione da cui possano essere scaricate, oppure con singoli messaggi di posta ma ad una lista di persone determinate in successione.
La cessione attraverso chat line prevista dal terzo comma dell’art.600 ter, postula un collegamento in cui sia possibile condividere cartelle o documenti o archivi contenenti le foto pornografiche minorili, in modo che chiunque possa accedervi e, senza rivelare una volontà specifica, prelevare direttamente le foto.
Qualora invece il prelievo avvenga solo a seguito della manifestazione di volontà dichiarata nel corso di una conversazione privata, sono previste pene più lievi.
Il fatto che il sistema della chat line non preveda una divulgazione a tutti i presenti, dal momento che l’interlocutore deve di volta in volta mostrare il suo interesse per quel determinato “prodotto”, e di conseguenza accettare di ricevere e scambiare foto, non esclude però che si verifichi un’ipotesi di distribuzione, pubblicizzazione o divulgazione di materiale pedo-pornografico.
Rimane fermo comunque il principio per cui quando un soggetto invii foto a contenuto pedo-pornografico ad una persona determinata allegandola ad un messaggio di posta elettronica egli, commettendo un reato, è sempre punibile, anche se con pene più lievi, perchè trattasi di cessione di materiale pedo-pornografico anzichè divulgazione.
Un discorso a parte va svolto per la responsabilità del provider in ambito di distribuzione del suddetto materiale via internet.
Se è vero che in Italia la legge 269/98, introducendo l’art.600 ter del c.p. ha previsto pene anche per la distribuzione di materiale pedo-pornografico, altrettano vero ed auspicabile è l’imminente recepimento della Direttiva 2000/31/CE che all’art. 12 prevede che il fornitore di servizi di “mero trasporto”, in cui è pienamente identificabile un provider, non può essere ritenuto responsabile per i contenuti, salvo che questi non compia interventi su essi.
E’ previsto, invece, in capo al provider, un obbligo di rimozione delle informazioni che gli siano segnalate come illecite.
Per approfondimenti
Studio legale
via Cattaneo, 20 – Rimini